Si deve iniziare dai primi anni di vita dei bambini, altrimenti non faremo che continuare a piangere donne massacrate
Impossibile non ripetere gli stessi concetti, in questi tristi, cupi e desolati giorni di commento degli ultimi femminicidi in Italia, compiuti da uomini relativamente giovani, ben inseriti nella società, che si potrebbero definire tranquillamente ‘perbene’:Si discute, ci si divide sugli approcci, sulle letture del fenomeno strutturale della violenza maschile, sul da farsi.E’ sempre l’uomo che ti ama quello che ti farà del male, fino ad ucciderti.
, che esista il problema del comportamento e della responsabilità in primo luogo maschile resta, comunque, sullo sfondo. Si fa fatica, c’è reticenza, omertà, opacità a concentrarsi su questo, ovvero sulla incontrovertibile realtà: il problema sono gli uomini. Non tutti, certo, ma molti.
il consenso, la minimizzazione della violenza maschile sulle donne passano attraverso il silenzio e l’omertà dei comportamenti quotidiani degli uomini Porto un esempio recente di questa situazione nella mia esperienza di formazione nelle scuole. Nel copione del laboratorio teatrale Manutenzioni-uomini a nudo per le scuole superiori, realizzato in gran parte usando le risposte ad un questionario al quale hanno risposto oltre 5000 studenti, c’è la frase “mi vergogno di essere un uomo”, che avrebbe dovuto essere ripetuta da quattro di loro alla fine di una riflessione sulla violenza.
La fatica più grande, a scuola, quando si porta il discorso sulla violenza maschile sulle donne, è proprio l’aggettivo ‘maschile’: mentre è più facile trovare solidarietà su altre forme di violenza e ingiustizia, per esempio sulla questione migratoria, sulla violenza contro gli animali, l’ambiente, l’orientamento sessuale,
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