Valerio Cappelli racconta il divo di Hollywood. L’intervista in camera al Lido e la carriere da «miracolato che ha vinto la Lotteria». «Da ragazzo ho lasciato il Missouri e sono andato a Los Angeles in moto. Avevo 2-300 dollari in tasca. Non conoscevo nessuno»
, a testa bassa, immerso tra i fogli disordinati con l’appunto di qualche domanda da fare, e il memo della giornata, quando improvvisamente si palesa Brad Pitt. Il divo americano proviene dal corridoio opposto.Non è un incontro ma uno scontro. Davanti all’ascensore a cui portano i due opposti corridoi del leggendario secondo piano dell’Hotel Excelsior del Lido, quartier generale della Mostra di cinema.
, io gli spiego che di lì a un’ora avrei avuto un incontro con lui sul suo film, Ad Astra, con altri quattro giornalisti di testate internazionali. Prendendomi in contropiede, rompendo ogni protocollo mi dice: «Amico, accompagnami in stanza che mi devo cambiare e intanto cominciamo a parlare».Sono talmente incalzanti e brutali i ritmi di un festival che non mi rendo conto del regalo che mi sta facendo.
: «Perché è un eroe fragile». Gli chiedo come ha lavorato sulla solitudine del suo astronauta, se ha pescato nel dolore del divorzio. Mi risponde che «un attore deve usare quel tipo di sentimenti, deve essere onesto, vulnerabile, aperto, non cercare di essere simpatico o antipatico».
puoi trovare archetipi, rimandi, citazioni di film e romanzi, da Cuore di tenebra di Conrad a Moby Dick. «Vero, mi affascinava una storia intimista nello spazio infinito, il padre dell’astronauta, ritenuto morto, era un genitore che lo ha abbandonato da piccolo e la sua assenza ha fatto del mio Roy, che continua a idolatrarlo, una persona solitaria incapace di esprimere le sue emozioni».
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