Le onlus sono migliaia, e tutti sanno che in moltissimi casi svolgono un servizio preziosissimo rivolto ai più fragili. Ma un decreto impedisce loro di unirsi tra loro in reti associative, e questo le taglia fuori da rappresentatività e contributi.
Un’altra beffa per le onlus, o meglio per quelle che una volta - prima della riforma del Terzo settore - erano tali: in Italia sono ancora ventiduemila, ma non possono mettersi insieme e formare «reti associative», come invece può fare il resto del mondo non profit.
A farla rilevare, questa, è stato Luca Degani: membro del Consiglio nazionale del Terzo settore nonché presidente di Uneba Lombardia, il quale per sottolineare il problema e sperando in una soluzione ha scritto una email direttamente al viceministro del Lavoro e delle Politiche sociali maria Teresa Bellucci: «Mi permetto di porre alla sua attenzione un problema apparentemente minimale - si legge nel testo - ma che determina un effettivo vulnus alla rappresentanza delle...
Tradotto: per creare una «rete associativa» che rappresenti realtà impegnate sullo stesso fronte bisogna essere almeno 500, e infatti questo è ciò che fanno - per avere un esempio - realtà come Acli, Arci, in fondo lo stesso Forum nazionale del Terzo settore nasce su questa base. Ma alle onlus, nonostante quanto previsto dalla riforma del 2017, con il decreto del 2020 non è stata data la possibilità di «contarsi».
Il danno per loro - realtà che si occupano in particolare dei più fragili e che a differenza del mondo cooperativo o delle imprese sociali non hanno davvero, in molti casi, né una forza di sostenibilità autonoma né una capacità di rappresentanza degna del nome - è molteplice. In primo luogo, appunto, rappresentatività azzerata. In secondo luogo niente accesso a contributi come quelli - altro esempio, previsti dall’articolo 72 della stessa legge.
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