«Perché l’Indonesia ha scritto la storia del mondo»
Prendiamo un atlante scolastico. Tanto è marginale l’Indonesia, nella nostra immagine del mondo, quanto lo è sulla mappa: un grumo in basso a destra, una macchia sputata dal continente tra l’Oceano Pacifico e quello Indiano, questa l’impressione che dà.
L’Indonesia è il più grande arcipelago del mondo. Ufficialmente conta 13.466 isole, ma potrebbero essercene anche 16.056. Oppure 18.203. Nessuno lo sa con precisione. Il vulcanismo, i terremoti e l’azione delle maree modificano di continuo i litorali e con l’acqua alta aumenta il numero delle isole. Una volta l’ho visto accadere con i miei occhi: la parte centrale di un’isoletta tropicale è sparita con l’alta marea sott’acqua per sei ore.
Non sono soltanto i superlativi demografici e geografici a dover destare il nostro interesse. La storia indonesiana vanta una serie di primati: fu il primo paese, dopo la Seconda guerra mondiale, a proclamare la propria indipendenza, nemmeno due giorni dopo la capitolazione giapponese. Dopo quasi tre secoli e mezzo di presenza olandese e tre anni e mezzo di occupazione giapponese , alcuni leader locali fecero intendere di voler dar vita, da quel momento in poi, a uno stato sovrano.
Tale proclamazione fu non solo precoce ma anche giovane. Fu sostenuta e difesa da un’intera generazione di persone tra i 15 e i 25 anni pronte a morire per la libertà. La Revolusi del 1945 fu, sotto ogni aspetto, una rivoluzione dei giovani.
Ma il motivo principale che rende estremamente coinvolgente la Revolusi indonesiana è l’enorme impatto che ebbe sul resto dell’umanità: non soltanto sulla decolonizzazione, ma ancora di più sulla cooperazione fra tutti quei nuovi paesi. Sulle fotografie dellAsian African Conference Commemoration. Il contrasto con il fumo e il panico per strada era enorme. Il cartellone rimandava a un recente congresso commemorativo internazionale.
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