La zona d'interesse: la recensione del film di Jonathan Glazer
Nelle mani del regista inglese il romanzo di Martin Amis diventa il racconto astrattissimo e geometrico di un orrore indicibile, solo suggeribile. La recensione di The Zone of Interest di Federico Gironi.
Una vita quotidiana banale e placida viene portata avanti nella più totale indifferenza; il campo e quel che vi accade sono solo un sottofondo: sonoro, soprattutto, ma non solo. Atroce, sempre.che ha lo stesso titolo del film, il romanzo da cui l’inglese è partito, è solo uno spunto.A Glazer interessa lavorare sul massimo del minimalismo e dell’astrazione possibili, per raccontare con le immagini, e coi suoni, quel che le parole spesso non sono sufficienti a raccontare.
Una logica matematica che non ha tempo, spazio, luogo né necessità di alcuna forma di empatia umana. Di qualsivoglia forma di calore.Contano le immagini, le parole sono un contorno tollerato, quasi. Ma a volte affondano la lama anche loro.
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